Distanza. A primo acchito sembrerebbe facile rispondere, specie sul piano geometrico. Ma cercando in un vocabolario il senso della parola si amplifica e mi pone davanti al mio percorso, la mia vita stessa: presente e passato.
Quando ci si crea uno spiraglio per distanziare l’uso delle sostanze, a mie spese ho sperimentato – e non per poco, ma quasi per un trentennio – che non basta creare e costruire una solida distanza tra noi e la sostanza in sé. L’importante è costruire ogni giorno, come per un palazzo, fondamenta solide e continuare, pilastro dopo pilastro, solaio dopo solaio, fino all’elevazione dell’ultimo e definitivo piano finito. Ma solo creando la distanza, corazzandola nei rapporti interpersonali, culturale e socioeconomici, questi elementi duri da ricostruire possono essere al completo.
Lasciarsi dietro con elevata distanza le sostanze, ma continuando a vivere in modo tossico nell’essere, non porta ad altro che ad una chiusura mentale ed a visuali della vita molto ristrette.
Conseguire una vittoria o un’affermazione grazie ad una buona riserva di energia conservata fino alla fase finale: questo è quello che sento nel pensare alla parola distanza, dal mio passato ed al mio futuro.
Mi ricorda tanto gli animali, quali l’orso, che vanno in letargo. Prima del letargo mangiano più possibile per potere accumulare grasso a sufficienza per sopravvivere anche a un clima polare. Il passare del tempo senza accumulare masticando tutti i giorni legalità-onestà-amore verso se stessi e verso gli altri e il mondo che ci circonda, e ancor di più il non scendere mai a patti sulla propria dignità personale, qualsiasi sia il prezzo da pagare. Valori che in quanto a distanza sembrano irraggiungibili partendo da svantaggiati a causa dei molti buchi creati da noi stessi sull’asfalto da percorrere.
Se mai si incomincia, mai si potrà vedere indietro quello che si è lasciato. E senza mai sottovalutare che se troppo sicuri della meta si perde l’obiettivo quotidiano da raggiungere.
Franco “Il Foggiano”