Ti ho sentita rincasare mentre stavo leggendo ai tuoi fratelli la storia della buonanotte.
Quando sono entrata nella tua camera dopo poco ti ho trovata abbandonata sul letto. Sembravi addormentata, ma quando mi sono avvicinata ho sentito che piangevi piano. Hai litigato con qualcuno? È successo qualcosa? Riesci a dire di no, ma ti giri e mi dici che ti senti tremare. Davvero non è successo niente? Allora mèttiti il pigiama, làvati i denti e vai a dormire ché domani c’è scuola. Però appena entri sotto le coperte il pianto si fa più forte, il respiro diventa un affanno e dopo poco la testa comincia a sbattere a destra, forte, sempre più forte e io non capisco più niente. Il pianto non ha un motivo che tu possa spiegare e quella testa impazzita continua a sbattere e non si può fermare. Ospedale. Crisi epilettica? Il Valium non serve a niente, devono darti qualcosa di più forte. In pochi secondi ti si girano gli occhi e ti perdo in un sonno che mi spaventa. Un giorno, due giorni, non è epilessia, probabilmente uno stato emotivo, dice il referto con il quale ti dimettono. Che cazzo significa stato emotivo? Non siamo sempre tutti in uno stato emotivo? In un qualsiasi stato emotivo? Ma qui si è rotto qualcosa. Lo vedevo che negli ultimi mesi eri ancora più chiusa e triste, e il cambio di scuola lo sapevo che non era stato fatto per bene, ma in quel momento sembrava un buon compromesso. Proprio io che faccio della perfezione il mio idolo, sapevo che le cose non erano perfette, ma nella vita càpita spesso, no? E invece adesso tutto si è fermato. Non capisco più niente. Non è vero, lo capisco benissimo, anzi lo sento nella pancia. In camera tua hai attaccato un adesivo con su scritto IT’S A TRAP DON’T GROW UP. Ci abbiamo spesso scherzato sopra, ma a furia di non voler cadere nella trappola sei finita al reparto di neuropsichiatria.
Uno cammina, cerca di non inciampare, magari ha una mèta e prova ad arrivarci vivo. O magari si perde. All’improvviso si ripresentano tante emozioni della mia adolescenza, che sempre stazionano nelle retrovie. Eccole fare un passo avanti: timidezza, solitudine, malinconia. Ore e ore passate a riempire bordi di quaderno con “quando” e “perché” cercando di non perdere la ragione. Mi ricordo bene quanto sono stata male. Ho voglia di rifare questa strada con mia figlia. Conosco le buche, non tutte, ma anche se la vita non mi sta sempre simpatica voglio aiutarla a crescere meglio che può. Nonostante.
Alice